IVA TUFO, LA RICERCA DI UN MONDO FIABESCO PER EVADERE DALLA REALTÀ

Da Marta Lock
12 FEBBRAIO 2022

Iva Tufo Nata in provincia di Siena, mamma e lavoratrice, Iva Tufo, in arte Kamala, tutto avrebbe immaginato meno di avere un talento artistico che si è manifestato inaspettatamente ma che, da quel momento in avanti, ha costituito una realtà parallela all’interno della quale dimenticare la contingenza e il dolore provocato da un’inspiegabile problema fisico che le limitava notevolmente l’uso di braccia e mani; grazie al suggerimento di un medico, uno di quelli che crede nel potere della mente oltre che della scienza, ha superato la sofferenza fisica impegnando le mani in qualcosa di differente dall’uso comune, scegliendo così di cominciare a dipingere. La mancanza di formazione specifica non le ha impedito di liberare la sua natura creativa che, nel tempo, è diventata la sua passione, quella a cui non riesce più a rinunciare e che costituisce un’evasione dalla contingenza; forse è proprio per la funzione che l’arte ha avuto nella sua vita che le opere rappresentano mondi irreali, personaggi da fiaba, perché l’immaginazione aveva bisogno di trovare una fuga, inizialmente da un impedimento fisico ma successivamente da tutte le situazioni o emozioni che non la fanno sentire bene, che non le permettono di trovare quell’armonia e quella serenità che invece riproduce nei suoi dipinti. Il percorso di guarigione fisica è andato di pari passo con la consapevolezza emozionale, un cammino di autoaiuto che non solo ha costituito il modo per esprimere su tela la propria vera essenza, quell’innalzarsi al di sopra del reale attraverso la dimensione del sogno, di un mondo fatto di delicatezza, di arcobaleni, di libertà e di leggerezza, che nulla ha a che vedere con la superficialità, attraverso il quale spostarsi verso una dimensione ideale, verso un universo parallelo in cui i desideri, le speranze, la bellezza e la semplicità siano condizioni imprescindibili. Con un tale approccio filosofico lo stile non può che essere quello del Realismo Magico, a cui si mescola un po’ di Simbolismo e un po’ di Surrealismo, in virtù del quale riesce a liberare le sensazioni più profonde, a raccontare della sua interiorità che però si trasforma in sentire comune di emozioni universali e che coinvolge l’osservatore sia per la semplicità visiva sia per l’intensità del messaggio che fuoriesce da quei colori vivi e al tempo stesso soffici, in accordo con le atmosfere irreali raffigurate che però presentano sempre un legame con tutto ciò che lo sguardo è abituato a cogliere, anche se spesso sovvertito nell’ordine, decontestualizzato o modificato nel significato. Nell’opera Primavera

Primavera

la bambina in basso sulla tela si appresta ad attraversare un viale fatato, in cui gli alberi sono da un lato rigogliosi e incoraggianti a proseguire lungo la strada, dall’altro però sono spogli, sembrano appartenere a un mondo subacqueo di cui si intuisce la presenza solo guardando più in alto, verso la piccola casa sullo sfondo che sembra affacciarsi su un piccolo lago; in un certo senso la tela è metafora dell’esistenza, quella scelta continua che l’individuo è chiamato a compiere e che determina la sua visione delle cose, il suo vedere la positività e l’accoglienza degli alberi rigogliosi oppure il mistero e l’instabilità generata da un mondo a rovescio, dove l’acqua è sopra i tronchi e dunque il senso è destabilizzante. Nel dipinto Un battito d’ali


Un battito d’ali

Iva Tufo circonda la donna protagonista con l’armonia della natura, ponendo il volto al centro di una scena immaginaria in cui il cuore, la sua interiorità, riesce a liberarsi dalla gabbia dentro cui, per scelta o per conseguenza degli accadimenti, si è rinchiuso; l’apertura verso l’esterno però è necessaria perché non è possibile, sembra suggerire l’artista, restare troppo a lungo dentro una prigione dorata di protezione, è necessario mettersi in relazione con il mondo esterno e lasciare che il coraggio prenda il sopravvento sui timori e sulle paure. Dunque equilibrio tra realtà e immaginazione nelle tele di Iva Tufo che andremo ora a conoscere meglio attraverso quest’intervista. Lavoratrice a tempo pieno e artista, quanto è complicato conciliare queste due componenti importanti della sua quotidianità? Quanto tempo dedica all’arte durante la sua giornata? È abbastanza difficile, il tempo a disposizione non è molto ma quando sento forte il bisogno di dipingere devo tralasciare altre cose dunque quotidianamente non mi è quasi mai possibile dedicarmi all’arte. Ma quando sta nascendo un quadro mi basta anche dargli una pennellata prima di andare a dormire mi fa star bene… è un po’come restare connessa con quella sensazione e con quell’impulso creativo ne ho bisogno per non perdere l’attimo.


Vibrazioni

Lei è giunta all’espressione artistica in una fase buia e delicata della sua vita, ci racconta quanto ha contato trovare questo importante gancio per uscire dalla situazione e in che modo ha migliorato la sua esistenza, sia dal punto di vista fisico che da quello emotivo? L’arte è stata la mia ancora di salvezza. Ho imparato nel tempo che mente e corpo sono un tutt’uno. A volte dentro di noi, è racchiuso così tanto dolore e sofferenza di cui non siamo consapevoli perché tendiamo a non ascoltarci. Il corpo parla, ha un suo linguaggio. Il segreto è trovare un modo per dargli voce e trasformare il buio in luce. Le mie mani e le mie braccia che erano stare limitate per due lunghissimi anni, adesso non lo sono più, perché attraverso la mia cosiddetta arte nata per caso, così la definisco io, riesco a dare voce alle mie emozioni, ibernate per troppo tempo. Quelle stesse mani che quando hanno scoperto pennelli e colori si muovevano leggere e non sentivano più alcun dolore. Non è stato facile accettare tutto questo, è stato un processo molto lento. Sarò sempre grata a chi mi è stato accanto in questo lungo viaggio di crescita personale, di nuove consapevolezze, durante il quale ho imparato veramente tanto di me stessa. Quando dipingo mente corpo e anima diventano una cosa sola, tutto il resto si annulla e in quel momento mi sento libera di esprimermi, di creare, ed è una sensazione bellissima. Non ha avuto una formazione accademica eppure riesce a dare alle sue opere un grande equilibrio armonico e intensi significati, qual è la sua fonte di ispirazione? Ci sono artisti del passato a cui si sente vicina o da cui ha attinto il suo stile pittorico? La mia fonte di ispirazione è il mio sentire, quel qualcosa che nasce dalla pancia, dalle mie emozioni, lascio libere le mani di dipingere quello che vogliono e come vogliono, annullando la parte razionale e il giudizio… molte volte dipingo usando semplicemente le dita. Come artista mi sento vicina a Frida Kahlo, forse ci accomuna una storia dolorosa, trasformata in arte. Non ho una conoscenza tale da attingere a nessuno stile pittorico.


Il vuoto

Il suo linguaggio artistico si può collocare a metà tra Realismo Magico e Simbolismo, qual è il messaggio che desidera trapeli a chi osserva le sue opere? Come desidererebbe ricevesse ciò che lei esprime? Il messaggio che vorrei mandare è di forza, di coraggio, di non arrendersi alle avversità anche se con fatica. Di credere al diritto di avere i propri sogni e della capacità di provare a realizzarli, in qualche modo. Con i miei quadri desidero solo trasmettere emozioni, di qualunque tipo siano.


Anime rubate

Dalla prima mostra nella sua città, nel corso del tempo ha partecipato a importanti manifestazioni e collettive sul territorio nazionale, ci racconta i suoi prossimi progetti? Il mio primo progetto, appena il Covid lo consentirà, è fare di nuovo una mostra nel luogo dove è nata la mia arte, dove i miei quadri si sentono a casa. Un altro sogno che spero un giorno di riuscire a realizzare, è di scrivere tutta la mia storia illustrandola anche con i quadri, come se fosse un puzzle che pezzo dopo pezzo va al suo posto. Un altro mio progetto è fare una mostra tramite la quale promuovere una raccolta fondi da destinare a bambini e donne vittime di violenza, è un mio grande desiderio, una necessità sapere che la mia arte, nata da tanta sofferenza, possa essere d’aiuto a qualcuno. E non per ultimo riuscire a vendere le mie opere non solo per la parte economica, che è importante, quanto perché arriva il momento in cui si deve lasciare andare tutti quei pezzi di anima messi su tela, altrimenti rimaniamo ancorati al passato e non riusciamo a dare spazio al nuovo, sperimentando il presente… e chissà, magari un giorno riuscire a fare dell’arte la mia unica professione.

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